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MARCUS STEINWEG
 

IL MUSEO COME ECCESSO CATALOGUE: BOJAN SARCEVIC MAMBO MUSEO D'ARTE MODERNA DI BOLOGNA (2007)

Excerpt:

Leggendo il contributo che Georges Bataille pubblicò nel 1930 nei Documents
sul concetto di “museo”, non si può che provare un senso di delusione. Ci
aspetteremmo che Bataille – il teorico dell’eterogeneo – veda nel museo qualcosa
di più di un grande specchio in cui il visitatore trova riflessa un’immagine lusinghiera
di se stesso1. È chiaro che il visitatore del museo trovi nel museo anche se stesso:
un’immagine cioè della soggettività umana. Ma chi dice che l’incontro con il sé
debba limitarsi alla forma della coscienza di sé, all’appropriazione del sé? Nel
pensiero di Bataille, la categoria dell’eterogeneo ha la funzione di nominare ciò di
cui non può darsi appropriazione, ciò che Sloterdijk definisce “il non-assimilabile”2.
Con tale categoria il museo deve necessariamente confrontarsi. Il museo è anzi
una macchina per adempiere a tale confronto. Il “non-assimilabile” o “eterogeneo”
potrebbe essere quindi pensato come ciò che offusca lo specchio e ne deforma
l’immagine. Se da un lato il museo continua a essere archivio, deposito, collezione,
spazio di rappresentanza, luogo di visione e contemplazione del mondo, dall’altro
esso è già e ugualmente laboratorio, officina, generatore, sala macchine,
esperimento. È innegabile il fatto che nel museo ciò che è familiare stabilisca un
contatto con ciò che è estraneo, che l’atto del collezionare si unisca all’atto del
disperdere, l’omogeneo all’eterogeneo, l’ideale al reale. Senza dubbio, il museo
è luogo di un conflitto irriducibile. Spazio di un’incessante turbolenza. Finché la
macchina museale avrà ancora il “caos in sé” (Nietzsche), essa sarà il territorio
inquieto di una soggettività rimessa alla propria turbolenza. L’apertura al caos non
significa la sua incorporazione. Il caos è per definitionem ciò che all’incorporazione
si sottrae. E, tuttavia, quella forma dinamica che il museo rappresenta opera nel
tentativo di precisare il caos, ed è al contempo aperta a una caotica assenza di
forma. L’opera sostanziale, che la macchina museale assolve, consiste nel precisare il caos. Precisare il caos significa dare spazio al non-assimilabile, mettere in scena la primordiale apertura della soggettività umana nello spazio della chiusura del soggetto.

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