Atelier van Lieshout
28 Mar - 28 Apr 2007
ATELIER VAN LIESHOUT
"Female Slave University"
La galleria Giò Marconi è lieta di presentare al pubblico FEMALE SLAVE UNIVERSITY la quarta personale di Atelier van Lieshout, situato a Rotterdam e diretto dall’artista Joep van Lieshout. Atelier van Lieshout è attivo, a livello internazionale, nel campo dell’arte contemporanea, del design e dell’architettura, realizzando opere d’arte che indagano e giudicano la natura commerciale della società contemporanea.
FEMALE SLAVE UNIVERSITY è situata all’interno di un territorio vasto oltre 50 kmq su cui si erge SLAVE CITY: un sinistro progetto utopistico, molto razionale, tuttavia efficiente e proficuo ( 7,8 milioni di profitto netto all’anno) ideato da Atelier van Lieshout nel 2005 e in continua crescita. Appeso al soffitto, realizzato con cavi d’acciaio, questo elegante modellino (520x450x150cm), polo educativo di SLAVE CITY, è costituito da 12 auditoriums disposti un po’ inclinati uno sopra l’altro che sovrastano il piano terra della galleria. Al suo interno si intravedono perfette miniature che riproducono alcune delle infrastrutture interne della comunità: sale conferenze, dormitori, una sala professori. I professori sono gli unici, in questo edificio, ad essere retribuiti per il loro lavoro. Tutte le altre stanze sono riservate agli slaves che vengono istruiti per essere poi impiegati in questa fantastica struttura lavorativa. La FEMALE SLAVE UNIVERSITY mette a disposizione aule per circa 1900 studenti, garantisce circa 650 posti di lavoro, 650 dormitori e quasi 120 toilet units.
Nelle altre sale della galleria sono esposti alcuni modellini realizzati in cartone, poliestere e acciaio, disegni, acquarelli, ritraggono altri elementi importanti della struttura interna della comunità: la torre serbatoio, l’ospedale, i bordelli maschili e femminili; e poi un tavolo con del vasellame, alcune teste di ceramica. Le sculture, i modelli e i disegni testimoniano la vita condotta in questa città immaginaria dai contorni futuristici. Gli abitanti di SLAVE CITY lavorano secondo precise direttive dando vita ad una società estremamente efficiente ma senza libertà; in essa i valori morali tradizionali, l’etica, l’estetica sono totalmente stravolti, il concetto classico di comunità è del tutto messo in discussione; cibo, energia, economia, organizzazione, management, mercato finanziario sono messi sottosopra, mescolati, riformulati, ridisegnati in una città di 200.000 abitanti.
Gli “schiavi” di SLAVE CITY si chiamano partecipants; lavorano sette ore al giorno concentrandosi sui vantaggi della tecnologia, impiegati nel telemarketing e nella programmazione dei computers. Dopo il lavoro d’ufficio dedicano altre sette ore al lavoro dei campi o nelle botteghe al fine di assicurare la sussistenza dell’intera comunità, tre le ore di pausa, sette le ore di sonno. Il tutto è strutturato in modo che uomini e donne siano separati.
Gli abitanti di SLAVE CITY non sono indipendenti, ma la città in sé è totalmente autonoma; garantisce, producendolo, il sostentamento alimentare per tutti, ricicla i rifiuti, è la prima città al mondo (di queste dimensioni) a funzionare senza combustibili fossili importati o elettricità, e ad usare esclusivamente l’energia del sole e del vento o bio-diesel. SLAVE CITY è una città verde che non spreca le risorse ambientali.
Grazie al lavoro altamente strutturato e super efficiente dei suoi abitanti il profitto netto di SLAVE CITY ogni anno si aggira intorno agli 8 milioni di dollari sviluppando la cultura capitalista esistente e portando il concetto di produttività e profitto ai massimi livelli.
Ad eccezione dei numerosi e indispensabili complessi per il pubblico servizio la città esiste anche una lussuosa sede centrale, un borgo sicuro ed accogliente per gli impiegati di livello superiore, un centro per l’educazione e la salute, un bordello e un centro d’arte.
Slave City è stata presentata nel 2006 allo Stedelijk Museum di Amsterdam nell’ambito della mostra “Mapping the Studio”; al Distrito Cu4tro di Madrid; all’ Oficina para Proyectos de Arte di Guadalajara; da Tanya Bonakdar a New York e da Tim van Laere ad Antwerp.
Atelier van Lieshout nasce nel 1995, e da allora ha un programma di mostre molto intenso che lo portano nei più importanti musei a livello internazionale. Le loro opere sono state esposte al PS1 e al MOMA di New York, allo Stichting Museum di Rotterdam, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, alla Kunstverein di Düsseldorf, al MACBA di Barcellona, al Centro per le Arti Contemporanee Luigi Pecci di Prato e in altri importanti spazi pubblici e privati in tutto il mondo. Nel 2001 è stata inaugurata negli spazi del porto di Rotterdam AVL-Ville, il loro progetto più pretenzioso e senza dubbio quello che maggiormente fonde arte e design. Atelier van Lieshout è stato presente con una serie di opere alla Biennale di Venezia 2003. Nel 2004 ha esposto alla galleria Tanya Bonakdar di New York e allo Sprengel Museum di Hannover. Le altre recenti mostre di Atelier van Lieshout includono: Shangai Biennale, Shangai, 2006 (group); 10th Mostra iNternazionale di Architettura, Venezia, 2006 (group); Museum fur Angewandte Kunst, Vienna, 2005 (solo); Stedelijk Museum CS Amsterdam, 2005 (group).
"Female Slave University"
La galleria Giò Marconi è lieta di presentare al pubblico FEMALE SLAVE UNIVERSITY la quarta personale di Atelier van Lieshout, situato a Rotterdam e diretto dall’artista Joep van Lieshout. Atelier van Lieshout è attivo, a livello internazionale, nel campo dell’arte contemporanea, del design e dell’architettura, realizzando opere d’arte che indagano e giudicano la natura commerciale della società contemporanea.
FEMALE SLAVE UNIVERSITY è situata all’interno di un territorio vasto oltre 50 kmq su cui si erge SLAVE CITY: un sinistro progetto utopistico, molto razionale, tuttavia efficiente e proficuo ( 7,8 milioni di profitto netto all’anno) ideato da Atelier van Lieshout nel 2005 e in continua crescita. Appeso al soffitto, realizzato con cavi d’acciaio, questo elegante modellino (520x450x150cm), polo educativo di SLAVE CITY, è costituito da 12 auditoriums disposti un po’ inclinati uno sopra l’altro che sovrastano il piano terra della galleria. Al suo interno si intravedono perfette miniature che riproducono alcune delle infrastrutture interne della comunità: sale conferenze, dormitori, una sala professori. I professori sono gli unici, in questo edificio, ad essere retribuiti per il loro lavoro. Tutte le altre stanze sono riservate agli slaves che vengono istruiti per essere poi impiegati in questa fantastica struttura lavorativa. La FEMALE SLAVE UNIVERSITY mette a disposizione aule per circa 1900 studenti, garantisce circa 650 posti di lavoro, 650 dormitori e quasi 120 toilet units.
Nelle altre sale della galleria sono esposti alcuni modellini realizzati in cartone, poliestere e acciaio, disegni, acquarelli, ritraggono altri elementi importanti della struttura interna della comunità: la torre serbatoio, l’ospedale, i bordelli maschili e femminili; e poi un tavolo con del vasellame, alcune teste di ceramica. Le sculture, i modelli e i disegni testimoniano la vita condotta in questa città immaginaria dai contorni futuristici. Gli abitanti di SLAVE CITY lavorano secondo precise direttive dando vita ad una società estremamente efficiente ma senza libertà; in essa i valori morali tradizionali, l’etica, l’estetica sono totalmente stravolti, il concetto classico di comunità è del tutto messo in discussione; cibo, energia, economia, organizzazione, management, mercato finanziario sono messi sottosopra, mescolati, riformulati, ridisegnati in una città di 200.000 abitanti.
Gli “schiavi” di SLAVE CITY si chiamano partecipants; lavorano sette ore al giorno concentrandosi sui vantaggi della tecnologia, impiegati nel telemarketing e nella programmazione dei computers. Dopo il lavoro d’ufficio dedicano altre sette ore al lavoro dei campi o nelle botteghe al fine di assicurare la sussistenza dell’intera comunità, tre le ore di pausa, sette le ore di sonno. Il tutto è strutturato in modo che uomini e donne siano separati.
Gli abitanti di SLAVE CITY non sono indipendenti, ma la città in sé è totalmente autonoma; garantisce, producendolo, il sostentamento alimentare per tutti, ricicla i rifiuti, è la prima città al mondo (di queste dimensioni) a funzionare senza combustibili fossili importati o elettricità, e ad usare esclusivamente l’energia del sole e del vento o bio-diesel. SLAVE CITY è una città verde che non spreca le risorse ambientali.
Grazie al lavoro altamente strutturato e super efficiente dei suoi abitanti il profitto netto di SLAVE CITY ogni anno si aggira intorno agli 8 milioni di dollari sviluppando la cultura capitalista esistente e portando il concetto di produttività e profitto ai massimi livelli.
Ad eccezione dei numerosi e indispensabili complessi per il pubblico servizio la città esiste anche una lussuosa sede centrale, un borgo sicuro ed accogliente per gli impiegati di livello superiore, un centro per l’educazione e la salute, un bordello e un centro d’arte.
Slave City è stata presentata nel 2006 allo Stedelijk Museum di Amsterdam nell’ambito della mostra “Mapping the Studio”; al Distrito Cu4tro di Madrid; all’ Oficina para Proyectos de Arte di Guadalajara; da Tanya Bonakdar a New York e da Tim van Laere ad Antwerp.
Atelier van Lieshout nasce nel 1995, e da allora ha un programma di mostre molto intenso che lo portano nei più importanti musei a livello internazionale. Le loro opere sono state esposte al PS1 e al MOMA di New York, allo Stichting Museum di Rotterdam, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, alla Kunstverein di Düsseldorf, al MACBA di Barcellona, al Centro per le Arti Contemporanee Luigi Pecci di Prato e in altri importanti spazi pubblici e privati in tutto il mondo. Nel 2001 è stata inaugurata negli spazi del porto di Rotterdam AVL-Ville, il loro progetto più pretenzioso e senza dubbio quello che maggiormente fonde arte e design. Atelier van Lieshout è stato presente con una serie di opere alla Biennale di Venezia 2003. Nel 2004 ha esposto alla galleria Tanya Bonakdar di New York e allo Sprengel Museum di Hannover. Le altre recenti mostre di Atelier van Lieshout includono: Shangai Biennale, Shangai, 2006 (group); 10th Mostra iNternazionale di Architettura, Venezia, 2006 (group); Museum fur Angewandte Kunst, Vienna, 2005 (solo); Stedelijk Museum CS Amsterdam, 2005 (group).