Paolo Grassino
26 May - 24 Jul 2010
PAOLO GRASSINO
"la fine di qualcosa, l’inizio di ...
Galleria Giorgio Persano, Torino
Inaugurazione: 25 maggio 2010, ore 18
26 maggio - 24 luglio 2010
Sin dai suoi esordi la ricerca di Paolo Grassino si è mossa su un territorio delicato e incerto, su una superficie magmatica di una società confusa, mutevole, “liquida” per usare un termine caro a Zygmunt Bauman. Nelle opere dell’artista torinese, infatti, la materia, il linguaggio e il pensiero affondano le radici nel vivo dell’intimo e della profondità della vita. Una costante ricerca sul significato dell’esistenza in cui Grassino ha sapientemente distillato la natura e l’artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana, mettendo in scena una pièce, lunga ormai vent’anni, che recita il dramma degli opposti: reale/immaginario, conscio/inconscio, luce/buio, rumore/silenzio, divenire/degenerazione.
La fine di qualcosa, l’inizio di... è una riflessione sull’arte intesa come costruzione di uno spazio dialettico, di un topos, la messa in scena di un corpo-a-corpo tra la materia e la scrittura, l’architettura e il simbolo. Sono questi i moventi che Paolo Grassino ha indagato per un’attenta analisi sul tempo, sulla storia e sull’esistenza. Così, il caduco e l’incerto, il frammento, il pesante e l’instabile, la catastrofe, l’indifferenza e l’esecuzione, rappresentano l’occasione di un ragionamento attorno alle “architetture narrative”, a questi “spazi abusivi”, a volte sfondati da parole e slogan ormai incerti (RIVOLTA e LAVORO RENDE LIBERI), che segnano l’arrivo della fine in assenza di un inizio.
Le sale della galleria si trasformano in uno spazio altro invaso da cemento, ferro, alluminio, cavi elettrici, da materiali che diventano forma, sostanza, elementi ora reali ora simbolici di un complesso “teatro dell’assurdo”, forme della memoria di una tranche de vie di questi “documenti umani” dalle dimensioni drammatiche. Gli abusi architettonici, i pilastri e il muro, il lampione accartocciato, testimoniano la nostra condizione di precarietà esistenziale, la corrosione e l’inconsistenza di un sistema vita degradato e degradante, una analisi sulle derive della società attuale.
La fine di qualcosa, l’inizio di... rappresenta, così, un momento di passaggio nel buio storico che stiamo attraversando, la messa in discussione dei concetti di tempo e di storia, e la necessaria volontà di ripartire da una tabula rasa, da un grado zero dell’esistenza.
Alessandro Demma
"la fine di qualcosa, l’inizio di ...
Galleria Giorgio Persano, Torino
Inaugurazione: 25 maggio 2010, ore 18
26 maggio - 24 luglio 2010
Sin dai suoi esordi la ricerca di Paolo Grassino si è mossa su un territorio delicato e incerto, su una superficie magmatica di una società confusa, mutevole, “liquida” per usare un termine caro a Zygmunt Bauman. Nelle opere dell’artista torinese, infatti, la materia, il linguaggio e il pensiero affondano le radici nel vivo dell’intimo e della profondità della vita. Una costante ricerca sul significato dell’esistenza in cui Grassino ha sapientemente distillato la natura e l’artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana, mettendo in scena una pièce, lunga ormai vent’anni, che recita il dramma degli opposti: reale/immaginario, conscio/inconscio, luce/buio, rumore/silenzio, divenire/degenerazione.
La fine di qualcosa, l’inizio di... è una riflessione sull’arte intesa come costruzione di uno spazio dialettico, di un topos, la messa in scena di un corpo-a-corpo tra la materia e la scrittura, l’architettura e il simbolo. Sono questi i moventi che Paolo Grassino ha indagato per un’attenta analisi sul tempo, sulla storia e sull’esistenza. Così, il caduco e l’incerto, il frammento, il pesante e l’instabile, la catastrofe, l’indifferenza e l’esecuzione, rappresentano l’occasione di un ragionamento attorno alle “architetture narrative”, a questi “spazi abusivi”, a volte sfondati da parole e slogan ormai incerti (RIVOLTA e LAVORO RENDE LIBERI), che segnano l’arrivo della fine in assenza di un inizio.
Le sale della galleria si trasformano in uno spazio altro invaso da cemento, ferro, alluminio, cavi elettrici, da materiali che diventano forma, sostanza, elementi ora reali ora simbolici di un complesso “teatro dell’assurdo”, forme della memoria di una tranche de vie di questi “documenti umani” dalle dimensioni drammatiche. Gli abusi architettonici, i pilastri e il muro, il lampione accartocciato, testimoniano la nostra condizione di precarietà esistenziale, la corrosione e l’inconsistenza di un sistema vita degradato e degradante, una analisi sulle derive della società attuale.
La fine di qualcosa, l’inizio di... rappresenta, così, un momento di passaggio nel buio storico che stiamo attraversando, la messa in discussione dei concetti di tempo e di storia, e la necessaria volontà di ripartire da una tabula rasa, da un grado zero dell’esistenza.
Alessandro Demma