Artisti in residenza #3. Studio Shows
16 May - 21 Jul 2013
ARTISTI IN RESIDENZA #3. STUDIO SHOWS
16.05.2013 — 21.07.2013
Il MACRO presenta, dal 16 maggio al 21 luglio 2013, STUDIO SHOWS, la mostra finale del programma Artisti in residenza che per la sua terza edizione ha ospitato gli artisti Brian Bress, Riccardo Giacconi, Kateřina Šedá e Luca Trevisani.
Per quattro mesi, a partire da febbraio 2013, gli artisti hanno lavorato nei rispettivi studi che divengono ora spazi espositivi per mostrare e condividere col pubblico le ricerche condotte. I lavori e i progetti in mostra non necessariamente conclusi possono essere considerate ancora in forma aperta, rivelando così i passaggi fondamentali dei processi di creazione.
Il programma Artisti in residenza è il primo in Italia ad essere promosso da un museo pubblico, che diventa così centro, non solo di diffusione, ma anche di produzione culturale.
Studio #1 | Riccardo Giacconi (San Severino Marche, 1985)
Il progetto di Riccardo Giacconi Chi ha lottato con l'angelo resta fosforescente è realizzato in collaborazione con la poetessa Maria Luisa Spaziani (Torino, 1922) ed è legato al poema-romanzo in endecasillabi Giovanna D’Arco (1990), in cui compare un linguaggio totalmente inventato dall’autrice torinese: nell’opera infatti un angelo si rivolge alla Pulzella d’Orléans parlando una lingua inesistente, un miscuglio di suggestioni latine, greche, provenzali, francesi e tedesche. Durante la residenza l’artista ha proseguito il suo lavoro sulla relazione tra letteratura e arti visive, esplorando in particolar modo le possibilità di trasporre, all’interno di uno spazio espositivo, una composizione poetica in un’installazione ambientale.
La ricerca di Riccardo Giacconi ha come oggetto di studio i linguaggi e le narrazioni, analizzati attraverso le loro modalità di trasmissione più marginali e nascoste. Alcuni degli interrogativi che guidano il suo lavoro più recente sono legati ai modi tramite cui una forma narrativa in disuso possa essere rimessa in circolazione oggi, e se essa rappresenti una forma di resistenza o di appartenenza a un determinato contesto socio-politico.
Studio #2 | Luca Trevisani (Verona, 1979)
Il periodo di residenza per Luca Trevisani è stata l’occasione per effettuare un percorso di ricerca all’interno del suo stesso processo creativo. Il suo progetto è dunque una riflessione sul momento preparatorio che sottende le sue opere: il lavoro in studio – con le sue ricerche, prove e indagini celate – viene così esposto al pubblico. In mostra Identity is a cloud. Let’s write down the book of water, una serie di sculture che traggono origine dal ciclo dell’acqua e dai suoi infiniti passaggi di stato: l’acqua vista come una serie infinita di forme, relazioni e contenuti. L’artista, utilizzando la scultura in tutte le sue possibili declinazioni, ne ribalta così la concezione greca – capace di esorcizzazione la natura transitoria delle cose – per celebrare invece il mutevole e l’effimero dell’esistenza.
La sua ricerca artistica è una riflessione sulla materia, sulle sue costanti trasformazioni e sulle leggi della natura che le determinano: un racconto sulle metamorfosi delle cose e sui modi in cui gli elementi si combinano tra loro. Il suo lavoro spazia dalla scultura al video, fino a discipline come le arti performative, la grafica, il design, il cinema di ricerca e l’architettura.
Studio #3 | Brian Bress (Norfolk, USA, 1975)
Per il progetto di residenza Brian Bress ha realizzato dei nuovi video, dei tableau-vivant che, appartenenti a un’estetica “fai da te” – con chiari riferimenti a programmi televisivi americani e alla retorica del mondo teatrale e cinematografico –, sono animati da personaggi che, compiendo azioni apparentemente ordinarie, danno origine al tempo stesso a giocosi riferimenti popolari e ad altri più sofisticati legati alla cultura e alla storia dell’arte. In mostra Wounds and Other Drawings – una serie di video e disegni – e due lavori in relazione con l’architettura: il grande disegno su muro Roberto’s Fattura, che rappresenta un motivo decorativo dei pavimenti a mosaico di Villa Borghese, e il video su schermo piatto Nevio de Zolt’s Window, che crea una finestra metaforica sul palazzo antistante allo studio e quindi al Museo.
La sua ricerca, incentrata principalmente sul video, è strettamente legata ad una formazione di tipo pittorico e per lui i due media, apparentemente lontani, sono in realtà contraddistinti dalla stessa bidimensionalità. Nei suoi lavori fa così dialogare la natura della pittura e la fruizione dei video, esplorando i confini tra immagine e realtà, attraverso supporti quali i monitor a schermo piatto che dissimulano i video come se fossero quadri appesi alle pareti. Le sue opere divengono dei trompe l'œil, finestre su un altro mondo che l’artista può immaginare e costruire.
Studio #4 | Kateřina Šedá (Brno, Repubblica Ceca, 1977)
Il progetto di residenza di Kateřina Šedá è legato alle complesse circostanze familiari che lei stessa ha dovuto affrontare dopo la nascita della figlia Julie e il successivo divorzio dal marito. L’idea iniziale avrebbe dovuto svilupparsi intorno al tema del divorzio, ma, durante i mesi di residenza a Roma insieme a Julie, il lavoro dell’artista si è invece focalizzato sul raggiungimento di un nuovo equilibrio, sia nel rapporto con la figlia che con l’ex marito. In mostra il video I’m counting to three che presenta attraverso gli occhi di Julie un’immagine che la bambina non aveva mai visto: l’artista ha invitato l’ex marito a Roma e, per la prima volta, la figlia ha avuto l’opportunità di vedere riuniti insieme il padre, la madre e il suo attuale marito.
Il lavoro di Kateřina Šedá ha come base di partenza il vissuto, l’esperienza personale, che nella sua opera si riflette non tanto in termini di narrazione aneddotica o autobiografica, quanto di ricerca quotidiana, di analisi dei problemi che la circondano e coinvolgono in prima persona, attraverso una pratica che ha molto in comune con un intervento sociale vero e proprio.
16.05.2013 — 21.07.2013
Il MACRO presenta, dal 16 maggio al 21 luglio 2013, STUDIO SHOWS, la mostra finale del programma Artisti in residenza che per la sua terza edizione ha ospitato gli artisti Brian Bress, Riccardo Giacconi, Kateřina Šedá e Luca Trevisani.
Per quattro mesi, a partire da febbraio 2013, gli artisti hanno lavorato nei rispettivi studi che divengono ora spazi espositivi per mostrare e condividere col pubblico le ricerche condotte. I lavori e i progetti in mostra non necessariamente conclusi possono essere considerate ancora in forma aperta, rivelando così i passaggi fondamentali dei processi di creazione.
Il programma Artisti in residenza è il primo in Italia ad essere promosso da un museo pubblico, che diventa così centro, non solo di diffusione, ma anche di produzione culturale.
Studio #1 | Riccardo Giacconi (San Severino Marche, 1985)
Il progetto di Riccardo Giacconi Chi ha lottato con l'angelo resta fosforescente è realizzato in collaborazione con la poetessa Maria Luisa Spaziani (Torino, 1922) ed è legato al poema-romanzo in endecasillabi Giovanna D’Arco (1990), in cui compare un linguaggio totalmente inventato dall’autrice torinese: nell’opera infatti un angelo si rivolge alla Pulzella d’Orléans parlando una lingua inesistente, un miscuglio di suggestioni latine, greche, provenzali, francesi e tedesche. Durante la residenza l’artista ha proseguito il suo lavoro sulla relazione tra letteratura e arti visive, esplorando in particolar modo le possibilità di trasporre, all’interno di uno spazio espositivo, una composizione poetica in un’installazione ambientale.
La ricerca di Riccardo Giacconi ha come oggetto di studio i linguaggi e le narrazioni, analizzati attraverso le loro modalità di trasmissione più marginali e nascoste. Alcuni degli interrogativi che guidano il suo lavoro più recente sono legati ai modi tramite cui una forma narrativa in disuso possa essere rimessa in circolazione oggi, e se essa rappresenti una forma di resistenza o di appartenenza a un determinato contesto socio-politico.
Studio #2 | Luca Trevisani (Verona, 1979)
Il periodo di residenza per Luca Trevisani è stata l’occasione per effettuare un percorso di ricerca all’interno del suo stesso processo creativo. Il suo progetto è dunque una riflessione sul momento preparatorio che sottende le sue opere: il lavoro in studio – con le sue ricerche, prove e indagini celate – viene così esposto al pubblico. In mostra Identity is a cloud. Let’s write down the book of water, una serie di sculture che traggono origine dal ciclo dell’acqua e dai suoi infiniti passaggi di stato: l’acqua vista come una serie infinita di forme, relazioni e contenuti. L’artista, utilizzando la scultura in tutte le sue possibili declinazioni, ne ribalta così la concezione greca – capace di esorcizzazione la natura transitoria delle cose – per celebrare invece il mutevole e l’effimero dell’esistenza.
La sua ricerca artistica è una riflessione sulla materia, sulle sue costanti trasformazioni e sulle leggi della natura che le determinano: un racconto sulle metamorfosi delle cose e sui modi in cui gli elementi si combinano tra loro. Il suo lavoro spazia dalla scultura al video, fino a discipline come le arti performative, la grafica, il design, il cinema di ricerca e l’architettura.
Studio #3 | Brian Bress (Norfolk, USA, 1975)
Per il progetto di residenza Brian Bress ha realizzato dei nuovi video, dei tableau-vivant che, appartenenti a un’estetica “fai da te” – con chiari riferimenti a programmi televisivi americani e alla retorica del mondo teatrale e cinematografico –, sono animati da personaggi che, compiendo azioni apparentemente ordinarie, danno origine al tempo stesso a giocosi riferimenti popolari e ad altri più sofisticati legati alla cultura e alla storia dell’arte. In mostra Wounds and Other Drawings – una serie di video e disegni – e due lavori in relazione con l’architettura: il grande disegno su muro Roberto’s Fattura, che rappresenta un motivo decorativo dei pavimenti a mosaico di Villa Borghese, e il video su schermo piatto Nevio de Zolt’s Window, che crea una finestra metaforica sul palazzo antistante allo studio e quindi al Museo.
La sua ricerca, incentrata principalmente sul video, è strettamente legata ad una formazione di tipo pittorico e per lui i due media, apparentemente lontani, sono in realtà contraddistinti dalla stessa bidimensionalità. Nei suoi lavori fa così dialogare la natura della pittura e la fruizione dei video, esplorando i confini tra immagine e realtà, attraverso supporti quali i monitor a schermo piatto che dissimulano i video come se fossero quadri appesi alle pareti. Le sue opere divengono dei trompe l'œil, finestre su un altro mondo che l’artista può immaginare e costruire.
Studio #4 | Kateřina Šedá (Brno, Repubblica Ceca, 1977)
Il progetto di residenza di Kateřina Šedá è legato alle complesse circostanze familiari che lei stessa ha dovuto affrontare dopo la nascita della figlia Julie e il successivo divorzio dal marito. L’idea iniziale avrebbe dovuto svilupparsi intorno al tema del divorzio, ma, durante i mesi di residenza a Roma insieme a Julie, il lavoro dell’artista si è invece focalizzato sul raggiungimento di un nuovo equilibrio, sia nel rapporto con la figlia che con l’ex marito. In mostra il video I’m counting to three che presenta attraverso gli occhi di Julie un’immagine che la bambina non aveva mai visto: l’artista ha invitato l’ex marito a Roma e, per la prima volta, la figlia ha avuto l’opportunità di vedere riuniti insieme il padre, la madre e il suo attuale marito.
Il lavoro di Kateřina Šedá ha come base di partenza il vissuto, l’esperienza personale, che nella sua opera si riflette non tanto in termini di narrazione aneddotica o autobiografica, quanto di ricerca quotidiana, di analisi dei problemi che la circondano e coinvolgono in prima persona, attraverso una pratica che ha molto in comune con un intervento sociale vero e proprio.