Jason Dodge
08 May - 28 Jun 2008
JASON DODGE
In occasione della sua seconda personale alla Galleria Massimo De Carlo che inaugura giovedì 8 maggio alle 19 fino al 28 giugno, Jason Dodge propone una serie eterogenea di singoli lavori che, messi assieme, sembrano un ponte gettato su una fantasia creatrice e immaginifica. Avvicinando gli oggetti più disparati per scoprirne il potenziale poetico che deriva dall'accostamento inusuale, Dodge presenta un pezzo di tessuto del colore della notte; un guanto bianco bruciato da una colata d'oro; semi di cicuta che intasano il tubo metallico di una stufa; strumenti di una banda sparsi a terra e ricoperti da un telo di plastica.
Le opere di Dodge, artista che nasce a Newtown nel 1969 e che vive e lavora a Berlino, evocano eventi lontani nel tempo e nello spazio, che si ricollegano a dimensioni intime e private, talmente elusivi da risultare difficili da afferrare. Eventi che tuttavia si lasciano descrivere a rapidi cenni dagli oggetti che, come frammenti di un discorso interrotto, si impongono con forza nelle installazioni dell'artista. Si tratta di installazioni che suscitano uno struggimento, un desiderio romantico nel senso proprio del termine, poiché lavorano su livelli antitetici di presenza e assenza: quando si guarda a questi oggetti, non si può non pensare a ciò che manca. In un attimo, il pensiero dello spettatore si trova a vagare in un altrove distante, magari nell'intimo di un'abitazione privata, o nella città di Lubecca. In qualità di tracce, gli oggetti delle installazioni sembrano reclamare a gran voce quel riconoscimento e quel completamento che solo il pensiero dello spettatore può dar loro.
Il modo in cui Dodge lavora è un processo artistico che per certi versi assomiglia alla scrittura, all'atto dello scrivere inteso come spargimento d'inchiostro e trasposizione di pensieri sulla carta. In via del tutto similare, gli oggetti delle installazioni di Dodge, sparsi qua e là nello spazio espositivo, funzionano da catalizzatori di idee e si presentano allo spettatore come parole di un racconto la cui trama non è mai lineare, ma si sviluppa lasciando aperti spazi immensi di interpretazione e associazione.
Dodge ha esposto anche alla Biennale di Le Havre (2008), al Witte de With Center for Contemporary Art di Rotterdam (2006), al Kunstwerke di Berlino (2006) e a Performa 2005 presso lo Swiss Institute of Contemporary Art di New York.
In occasione della sua seconda personale alla Galleria Massimo De Carlo che inaugura giovedì 8 maggio alle 19 fino al 28 giugno, Jason Dodge propone una serie eterogenea di singoli lavori che, messi assieme, sembrano un ponte gettato su una fantasia creatrice e immaginifica. Avvicinando gli oggetti più disparati per scoprirne il potenziale poetico che deriva dall'accostamento inusuale, Dodge presenta un pezzo di tessuto del colore della notte; un guanto bianco bruciato da una colata d'oro; semi di cicuta che intasano il tubo metallico di una stufa; strumenti di una banda sparsi a terra e ricoperti da un telo di plastica.
Le opere di Dodge, artista che nasce a Newtown nel 1969 e che vive e lavora a Berlino, evocano eventi lontani nel tempo e nello spazio, che si ricollegano a dimensioni intime e private, talmente elusivi da risultare difficili da afferrare. Eventi che tuttavia si lasciano descrivere a rapidi cenni dagli oggetti che, come frammenti di un discorso interrotto, si impongono con forza nelle installazioni dell'artista. Si tratta di installazioni che suscitano uno struggimento, un desiderio romantico nel senso proprio del termine, poiché lavorano su livelli antitetici di presenza e assenza: quando si guarda a questi oggetti, non si può non pensare a ciò che manca. In un attimo, il pensiero dello spettatore si trova a vagare in un altrove distante, magari nell'intimo di un'abitazione privata, o nella città di Lubecca. In qualità di tracce, gli oggetti delle installazioni sembrano reclamare a gran voce quel riconoscimento e quel completamento che solo il pensiero dello spettatore può dar loro.
Il modo in cui Dodge lavora è un processo artistico che per certi versi assomiglia alla scrittura, all'atto dello scrivere inteso come spargimento d'inchiostro e trasposizione di pensieri sulla carta. In via del tutto similare, gli oggetti delle installazioni di Dodge, sparsi qua e là nello spazio espositivo, funzionano da catalizzatori di idee e si presentano allo spettatore come parole di un racconto la cui trama non è mai lineare, ma si sviluppa lasciando aperti spazi immensi di interpretazione e associazione.
Dodge ha esposto anche alla Biennale di Le Havre (2008), al Witte de With Center for Contemporary Art di Rotterdam (2006), al Kunstwerke di Berlino (2006) e a Performa 2005 presso lo Swiss Institute of Contemporary Art di New York.