Doris Salcedo
15 Mar - 24 Jun 2012
DORIS SALCEDO
Plegaria Muda
15.03.2012 - 24.06.2012
Mostra a cura di Monia Trombetta – Lead curator del tour “Plegaria Muda”, Isabel Carlos
Oltre centoventi coppie di tavoli di legno sovrapposti, separati da un pane di terra, dai quali nascono esili fili d’erba, simbolo di rinascita e di vita: è Plegaria Muda, l’ultimo progetto di Doris Salcedo che riempie con la sua presenza avvolgente l’intera Galleria 2 del Museo.
Artista di grandissima forza espressiva, scultrice della memoria e della vita, del disagio e della dignità, Doris Salsedo
ha trovato ispirazione rivolgendo lo sguardo alle vittime delle stragi avvenute per mano dell’esercito in Colombia, suo paese natale, ma anche alle morti violente nei sobborghi di Los Angeles.
Plegaria Muda è il grido di dolore contro l’insensatezza di ogni morte violenta, è una preghiera dedicata a quelle persone che non hanno voce per parlare della propria esistenza ma è anche, e soprattutto, un messaggio di speranza: la vita, alla fine, prevale.
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“Quest’opera è il risultato di un accurato processo di ricerca e di riflessione che ha avuto inizio nel 2004 con un viaggio nei ghetti di Los Angeles e con un rapporto ufficiale che dichiarava che nell’arco di vent’anni oltre diecimila giovani sono deceduti di morte violenta.
...
Plegaria Muda ci pone di fronte al dolore insondato e represso e alla morte violenta, quando essa si riduce alla totale mancanza di significato e fa parte di una realtà taciuta come una strategia di guerra.
L’opera è anche una risposta a un particolare episodio verificatosi tra il 2003 e il 2009, quando circa 1500 giovani colombiani vennero uccisi dall’esercito senza alcuna ragione apparente. Era chiaro, invece, che il governo colombiano aveva implementato un sistema di incentivi e di ricompense per l’esercito, se quest’ultimo avesse provato di avere ucciso un grande numero di guerriglieri in combattimento. L’esercito cominciò quindi a pagare giovani provenienti da aree lontane e depresse del Paese, offrendo loro un lavoro per poi trasportarli in luoghi dove venivano uccisi e classificati come ‘guerriglieri non identificati: morti in combattimento con arma da fuoco’.
Ho accompagnato per diversi mesi un gruppo di madri che cercavano i loro figli scomparsi o che stavano provando a identificarli nelle tombe rivelate dagli assassini. Quindi mi unii a loro nel doloroso e arduo processo di elaborare il lutto e di impegnarsi nel vano tentativo di ottenere giustizia malgrado la barbarie commessa dallo Stato.
...
Plegaria Muda è un tentativo di rielaborare questo dolore. Uno spazio che è al di fuori della vita, un luogo a sé stante che ci riporta alla mente i nostri defunti.”
Plegaria Muda
15.03.2012 - 24.06.2012
Mostra a cura di Monia Trombetta – Lead curator del tour “Plegaria Muda”, Isabel Carlos
Oltre centoventi coppie di tavoli di legno sovrapposti, separati da un pane di terra, dai quali nascono esili fili d’erba, simbolo di rinascita e di vita: è Plegaria Muda, l’ultimo progetto di Doris Salcedo che riempie con la sua presenza avvolgente l’intera Galleria 2 del Museo.
Artista di grandissima forza espressiva, scultrice della memoria e della vita, del disagio e della dignità, Doris Salsedo
ha trovato ispirazione rivolgendo lo sguardo alle vittime delle stragi avvenute per mano dell’esercito in Colombia, suo paese natale, ma anche alle morti violente nei sobborghi di Los Angeles.
Plegaria Muda è il grido di dolore contro l’insensatezza di ogni morte violenta, è una preghiera dedicata a quelle persone che non hanno voce per parlare della propria esistenza ma è anche, e soprattutto, un messaggio di speranza: la vita, alla fine, prevale.
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“Quest’opera è il risultato di un accurato processo di ricerca e di riflessione che ha avuto inizio nel 2004 con un viaggio nei ghetti di Los Angeles e con un rapporto ufficiale che dichiarava che nell’arco di vent’anni oltre diecimila giovani sono deceduti di morte violenta.
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Plegaria Muda ci pone di fronte al dolore insondato e represso e alla morte violenta, quando essa si riduce alla totale mancanza di significato e fa parte di una realtà taciuta come una strategia di guerra.
L’opera è anche una risposta a un particolare episodio verificatosi tra il 2003 e il 2009, quando circa 1500 giovani colombiani vennero uccisi dall’esercito senza alcuna ragione apparente. Era chiaro, invece, che il governo colombiano aveva implementato un sistema di incentivi e di ricompense per l’esercito, se quest’ultimo avesse provato di avere ucciso un grande numero di guerriglieri in combattimento. L’esercito cominciò quindi a pagare giovani provenienti da aree lontane e depresse del Paese, offrendo loro un lavoro per poi trasportarli in luoghi dove venivano uccisi e classificati come ‘guerriglieri non identificati: morti in combattimento con arma da fuoco’.
Ho accompagnato per diversi mesi un gruppo di madri che cercavano i loro figli scomparsi o che stavano provando a identificarli nelle tombe rivelate dagli assassini. Quindi mi unii a loro nel doloroso e arduo processo di elaborare il lutto e di impegnarsi nel vano tentativo di ottenere giustizia malgrado la barbarie commessa dallo Stato.
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Plegaria Muda è un tentativo di rielaborare questo dolore. Uno spazio che è al di fuori della vita, un luogo a sé stante che ci riporta alla mente i nostri defunti.”